Autismo e Insegnate di sostegno: riconoscimento di 25 ore settimanali secondo il rapporto 1/1.

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia,  Sent. N. 01328/2016 REG.PROV.COLL., N. 00480/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 480 del 2015, proposto da:
-OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS–OMISSIS- -OMISSIS-, nella qualità di genitori esercenti la potestà sul minore -OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avv. xxxxx;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, Istituto Scolastico xxxxxx, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, zzzzz;

per l’annullamento

– del provvedimento dell’Ufficio Scolastico regionale per la Sicilia dxxxxx e del provvedimento dell’Istituto scolastico xxxx del xxxxx, con i quali è stato assegnato al minore -OMISSIS- -OMISSIS- un insegnante di sostegno per un numero di ore settimanali decisamente inferiore ed insufficiente rispetto al numero di ore di cui ha bisogno il bambino;

– dei provvedimenti (dei quali non si conoscono gli estremi) con i quali il Ministero dell’Istruzione Scolastico Regionale hanno assegnato all’Istituto scolastico frequentato dalla minore, un numero di insegnanti di sostegno insufficiente ad assicurare un adeguato sostegno scolastico ai disabili gravi iscritti presso il detto Istituto Scolastico;

– di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.

NONCHÉ PER IL RICONOSCIMENTO

del diritto del minore ad essere assistito da un insegnante di sostegno per un numero di ore settimanali pari a 25, secondo il rapporto 1/1, così come risulta necessario atteso che la stessa versa in stato di grave disabilità, essendo portatore di handicap con connotazioni di gravità di cui all’art. 3 comma 3 della legge n. 104/92.

ED ALTRESI’ PER LA CONDANNA

delle Amministrazioni resistenti all’assegnazione, a favore del minore, di un insegnante di sostegno per 25 ore settimanali, secondo il rapporto 1/1, così come risulta necessario attesa, come detto, la grave disabilità del minore stesso.

NONCHE’ PER IL RICONOSCIMENTO

del diritto del minore e dei propri genitori, odierni ricorrenti, al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto a causa della mancata tempestiva assegnazione del numero di ore adeguate per il sostegno scolastico della piccola, previsto dalla legge.

ED ALTRESI’ PER LA CONDANNA

del Ministero dell’Istruzione e della Ricerca e dell’Ufficio Scolastico Regionale, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, al risarcimento del detto danno non patrimoniale sofferto dal minore e dai propri genitori, odierni ricorrenti a causa della mancata tempestiva assegnazione del numero di ore adeguate per il sostegno scolastico del minore.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia e dell’Istituto Scolastico Ettore Arculeo di Palermo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 marzo 2016 la dott.ssa Caterina Criscenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. La controversia ha ad oggetto l’assegnazione al figlio minore dei ricorrenti, disabile grave come da certificazione allegata al ricorso, di un insegnante di sostegno per un numero di ore settimanali inferiore a quello risultante dal rapporto 1/1.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni intimate, producendo documentazione.

Con ordinanza n. 390/2015, è stata accolta la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 23 marzo 2016 il ricorso è stato chiamato e posto in decisione.

2. Preliminarmente va affermata la giurisdizione amministrativa, malgrado il diverso autorevole avviso espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 25011 del 25 novembre 2014, con la quale è stata affermata la giurisdizione del giudice ordinario sul presupposto che l’inadeguato sostegno scolastico alla disabilità grave configuri una ipotesi di discriminazione rilevante ai sensi della legge 1° marzo 2006, n. 67.

Sul punto, per esigenze di sintesi, si ritiene sufficiente il richiamo all’ampia e articolata motivazione di uno dei numerosi precedenti di questo Tribunale, ovverosia la sentenza n. 3458 del 24 dicembre 2014 (emessa in fattispecie analoga alla presente): è stato, in particolare, riaffermato che, avendo la domanda giudiziale ad oggetto l’accertamento della necessità per il minore di vedersi erogato il servizio didattico previa predisposizione, da parte dell’amministrazione, di misure di sostegno – didattiche o assistenziali – necessarie per evitare che il soggetto disabile altrimenti fruisca solo nominalmente del percorso di istruzione, si versa nella ipotesi di giurisdizione esclusiva su diritti, ex art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm. (cfr., altresì, T.A.R. Campania, sez. IV, 27 febbraio 2015, n. 1330, nonché l’ordinanza n. 4374 del 21 settembre 2015, con la quale il Consiglio di Stato, sez. VI, pur condividendo nella sostanza le predette argomentazioni – osserva, infatti, che le fasi procedimentali poste in essere per pervenire all’assegnazione delle ore di sostegno “appaiono difficilmente scindibili sul piano della tutela giurisdizionale”, mentre il fatto che “il disabile interessato sia portatore – in base al Piano educativo che lo riguarda (una volta perfezionato) – di un diritto soggettivo perfetto…non esclude tuttavia il carattere autoritativo del provvedimento, che determina la concreta erogazione del servizio, in misura che potrebbe risultare insufficiente, rispetto agli interessi ed alle esigenze dell’alunno” – ha ritenuto di rimettere all’Adunanza plenaria la definizione dei parametri in base ai quali debba riconoscersi la giurisdizione del giudice amministrativo, a norma dell’art. 133, comma 1, lettera c), cod. proc. amm.).

3. Sempre in via preliminare va rilevato che l’anno scolastico 2014/2015, in relazione al quale era stata richiesta l’assegnazione dell’insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1, si è concluso, ma residua comunque l’interesse di parte ricorrente ad una pronuncia accertativa del diritto a fini sia risarcitori che conformativi, anche relativamente ai successivi anni scolastici.

4. Nel merito, va rilevato che le censure proposte, incentrate essenzialmente sul sacrificio del diritto allo studio, sono state ritenute fondate in numerosi precedenti della Sezione, alle cui motivazioni, per esigenze di sintesi, si rinvia (v., per tutte, la sentenza n. 334 del 27 gennaio 2014), nei quali è stato, in particolare, affermato che il quadro costituzionale e legislativo è nel senso della necessità di garantire ai disabili le misure di sostegno necessarie per evitare la fruizione solo nominale del percorso di istruzione.

Nel caso di specie, è documentata non solo la situazione di disabilità grave del minore, che al momento della presentazione del ricorso frequentava la prima elementare, ma anche la necessità, attestata dagli organi scolastici e medici, dell’assegnazione dell’insegnante di sostegno per il massimo delle ore (v. certificazione medica ad uso scolastico; estratto di verbale del GLIS redatto il 7 maggio 2015).

Pertanto, deve ritenersi che la scelta della amministrazione scolastica di assegnare al minore un numero nettamente inferiore di ore rispetto a quanto indicato come necessario (ore 15,30 settimanali, come da certificazione del Dirigente Scolastico del 30 settembre 2014, anziché 25), non sia motivata, né, all’evidenza, correlata alla documentazione medica e alle valutazioni tecniche circa lo stato di disabilità in relazione alla possibilità di un effettivo esercizio del diritto allo studio.

Pertanto, come costantemente deciso da questo Tribunale, in applicazione dell’art. 34, co. 1, c.p.a., il Collegio ritiene di riconoscere al minore in epigrafe il diritto all’insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1, con ogni conseguente obbligo in capo all’Amministrazione resistente fino a quando non risulti documentalmente modificata una delle due condizioni su cui si fonda (disabilità grave; necessità di tale rapporto al fine della effettività della frequenza scolastica).

5. In merito alla domanda risarcitoria, va osservato che con decisione n. 617 del 17 novembre 2014 il C.G.A. si è pronunciato in senso sfavorevole alla parte ricorrente, facendo riferimento alle tre circostanze di seguito testualmente riportate, qualificate come parimenti rilevanti ai fini della decisione:

1) “se è vero, come periodicamente ribadito anche dalla giurisprudenza, che la “educazione ed istruzione”, piuttosto che la ‘salute’ quale “diritto fondamentale dell’individuo” (l’unico, invero, al quale è riconosciuto esplicitamente tale rango dalla Costituzione), specie se riferiti – come accade in relazione alla fattispecie de qua – alla cura dei minori handicappati, costituiscono altrettanti diritti personali e sociali oggetto di tutela rafforzata è anche vero che “la tutela c.d. ‘incondizionata’ della salute … non può … non subire oscillazioni, specialmente in tempi di crisi finanziaria acuta, come accade per la stagione attuale di finanza pubblica, che inevitabilmente si riverberano sulle scelte dell’Amministrazione, ogni qualvolta questa è chiamata a dover ponderarne la misura”;

2) “la misura della protezione accordata ai sensi della legge n. 104/1992 – e ciò soprattutto sta emergendo in questo tempo di crisi – è stata spesso il frutto di una determinazione condiscendente a vari interessi, che, poi, ad una più oculato controllo, sia in fatto che in diritto, si è dimostrata indebitamente determinata”;

3) “l’assistenza pubblica ai minori, in tutte le forme con cui questa può essere prestata, è da reputare in via di principio ‘sussidiaria’, o, comunque, non sostitutiva rispetto agli obblighi di assistenza ed educazione che prioritariamente incombono sui genitori che su di essi esercitano la potestà”.

Si ritiene, in estrema sintesi, nella succitata decisione che i notori problemi della finanza pubblica possano giustificare (sotto il profilo della colpa) la assegnazione di un numero insufficiente di ore di sostegno anche tenuto conto che la protezione riconosciuta ai disabili è stata spesso il frutto di una determinazione “condiscendente”; e che l’obbligo di assistenza nei confronti dei minori (anche disabili) gravi prioritariamente sui genitori.

Il Collegio, dopo attenta riflessione, ritiene di discostarsi dai principi affermati in tale pronuncia, in quanto, come condivisibilmente affermato – in linea con l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa – nella recente decisione della VI sezione del Consiglio di Stato n. 5317 del 27 ottobre 2014, “il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale, che va rispettato con rigore ed effettività sia in adempimento ad obblighi internazionali (artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18), sia per il carattere assoluto proprio della tutela prevista dagli artt. 34 e 38, commi 3 e 4, Cost. (v. Corte Cost. 26 febbraio 2010, n. 80)”.

Nella decisione da ultimo citata, precisato che la violazione della proposta di assegnazione di un docente di supporto secondo il rapporto 1/1 contenuta nel PEI costituiva indice univoco della colpa della pubblica amministrazione, si è, in particolare, ritenuto che il pregiudizio conseguente al ritardato riconoscimento della pienezza delle ore di sostegno si traduceva “nell’impossibilità di godere del supporto necessario a garantire la piena soddisfazione dei bisogni di sviluppo, istruzione e partecipazione del minore, con la conseguenza che la lesione della correlativa situazione soggettiva di vantaggio, di rango costituzionale, dà luogo al diritto al risarcimento del danno esistenziale ex art. 2059 cod. civ.”.

I principi surriportati sono stati, peraltro, ribaditi da questo Tribunale nella recente sentenza n. 439 del 12 febbraio 2015.

Trattasi di principi che questo T.A.R. ha costantemente applicato, sulla base della fondamentale considerazione che la garanzia dell’effettività della istruzione scolastica ai minori disabili costituisce obbligo primario dello Stato rispetto al quale i noti problemi della finanza pubblica hanno carattere recessivo.

Né a diversa conclusione può addivenirsi sulla base della considerazione che l’obbligo prioritario di assistenza nei confronti dei minori graverebbe sui genitori, in quanto a venire in discussione è il servizio scolastico erogato dallo Stato, rispetto al quale non può ipotizzarsi una supplenza da parte della famiglia.

Accertata in linea di principio la possibilità di riconoscere la tutela risarcitoria ai disabili nel caso di assegnazione di un numero inadeguato di ore di sostegno, deve ora procedersi all’accertamento specifico degli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale.

5.1. Per quanto riguarda la colpa, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’illegittimità dell’attività amministrativa costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, a valutare la quale vanno presi in considerazione anche altri fattori, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità del fatto, il carattere pacifico della questione esaminata, il carattere vincolato o a bassa discrezionalità dell’azione amministrativa (per tutte, Consiglio di Stato, IV, 26 agosto 2014, n. 4282).

Nella specie, l’esigenza di assegnare un insegnante di sostegno tendenzialmente secondo il rapporto 1/1 emergeva dallo stato di disabilità grave ed è stata accertata dal verbale del Gruppo Misto. Tale indicazione non è stata contestata dall’ufficio scolastico, che non ha in alcun modo giustificato l’assegnazione di un numero inferiore di ore, così implicitamente riconoscendo la necessità di supporto continuo durante l’orario scolastico.

Il rango di diritto fondamentale della tutela del minore disabile non consente poi di ammettere cause giustificative, come ritardi o necessari tempi burocratici o carenza di risorse, nella mancata assegnazione delle ore di sostegno e non consente di riconoscere attenuanti alla colpa dell’amministrazione nell’inadempimento dell’obbligo di cui trattasi, che va ritenuto, dunque, inescusabile (in senso conf. vd. Tar Cagliari, I, 30 ottobre 2010, n. 2462; 11 novembre 2010, n. 2571 e 3 ottobre 2012, n. 676, e ancora 11 febbraio 2015, n. 321, tutte non appellate, e, con riferimento ai servizi di assistenza specialistica, cfr. Tar Reggio Calabria, 14 gennaio 2013, n. 16 e 13 gennaio 2016, n. 39, pure non appellate).

Va, inoltre, rilevato che l’assegnazione di un numero insufficiente di ore di sostegno è intervenuta malgrado la esistenza di numerosissimi precedenti di questo Tribunale sfavorevoli al Ministero resistente. Nessun dubbio può, pertanto, aversi in ordine alla sussistenza della colpa.

5.2. Relativamente al danno, in linea di principio occorre rammentare che lo stesso non va considerato in re ipsa, ma deve essere provato concretamente, nella sua specifica articolazione, da chi ne pretende il risarcimento, anche con il ricorso alle presunzioni semplici (v. Cons. St., VI, 8 luglio 2015, n. 3400 e giurisprudenza della Corte di Cassazione ivi richiamata).

Con riferimento poi alla peculiare materia oggetto del presente giudizio il Collegio ritiene di dover ulteriormente precisare quanto segue.

Il danno di tipo esistenziale, di cui qui si chiede il ristoro, è di norma inteso come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva e interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.

Tale accezione di danno esistenziale, però, è stata elaborata ed è abitualmente impiegata per i soggetti la cui esistenza non è in partenza minata da disabilità psico-fisiche, e rispetto ai quali, dunque, il pregiudizio è più immediatamente percepibile, passandosi da una situazione originaria di pienezza ad una di limitazione.

Per il caso di soggetti minori e disabili gravi, come quello in esame, il Collegio ritiene che la nozione di pregiudizio, e soprattutto la sua esigenza di prova cui è ancorata la risarcibilità, deve tenere conto del fatto che esso incide su esistenze, le cui abitudini ed i cui assetti si presentano già gravemente compressi e portatrici di condizioni di forte sofferenza (così Tar Reggio Calabria, 14 gennaio 2013, n. 16).

Il comportamento ritenuto lesivo non è, quindi, meramente limitativo ed impeditivo di una pur meritevole aspirazione di vita, ma è un comportamento negligente che omette di rimuovere – in una situazione che per di più per il soggetto è anche di assolvimento di un obbligo (nella specie quello scolastico) – quei limiti incolpevoli da cui il destinatario, soggetto particolarmente debole in quanto disabile e pure minore d’età, è gravato.

Va, peraltro, osservato che la nota sentenza n. 26973 del 2008 delle Sezioni Unite, in merito al pregiudizio non patrimoniale diverso dal danno biologico (che, invece, richiede in genere l’accertamento medico-legale), ha avvertito che “Attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale, il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche l’unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri (v., tra le tante, sent. n. 9834/2002). Il danneggiato dovrà tuttavia allegare tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto”.

Viene, quindi, in rilievo necessariamente il meccanismo probatorio delle presunzioni semplici: attraverso il ricorso alle presunzioni il giudice può sopperire alla carenza di prova, seppure non anche al mancato esercizio dell’onere di allegazione, concernente sia l’oggetto della domanda (o dell’eccezione), che le circostanze in fatto su cui la stessa si fonda.

È evidente, infatti, che trattandosi di un pregiudizio relativo ad un bene non materiale e con le peculiari connotazioni sopra evidenziate, la prova per presunzioni è non solo ammissibile, ma è invero la prova principale (così anche Tar Campania, Napoli, IV, 25 settembre 2012 n. 3936 alla cui ampia motivazione si rimanda).

Nello stesso senso si è espresso anche il CGA, che ha ritenuto – per un illegittimo diniego di trasferimento di un dipendente – di poter utilizzare “la prova per presunzioni e i parametri equitativi di cui agli articoli 2729, 1226 e 2056 cod. civ. , non essendo possibile determinare nemmeno in via sommaria l’entità del danno”, espressamente rinviando “anche ai sensi degli articoli 60, 74 e 88, comma 2/d) del c.p.a. a Cons. St., n. 5266/09, in tema di danno esistenziale” (così CGA, 14 marzo 2014, n. 136, che ha, infatti, ritenuto “configurabile, secondo criteri presuntivi, non un semplice disagio ma una offesa seria, da cui derivano conseguenze significative nella sfera personale della funzionaria, ed è ravvisabile una lesione di diritti primari della persona tale da ripercuotersi, oltre la soglia della tollerabilità, sulla qualità della vita e sulla sfera esistenziale, in termini di compromissione della autostima, del benessere e della sfera relazionale”).

Sul punto dell’allegazione dei fatti, parte ricorrente ha qui assolto al relativo onere, producendo:

a) documentazione sanitaria attestante la gravità della situazione di salute del minore;

b) la richiesta formulata dal dirigente scolastico di assegnazione dell’insegnante di sostegno per ulteriori ore, sino a coprire il rapporto 1/1;

c) prova del protrarsi della situazione di inerzia dell’amministrazione nell’assegnazione delle insegnanti di sostegno nel rapporto 1/1.

Ciò premesso, al quesito se dai fatti noti possa inferirsi la conseguenza del danno esistenziale delle minori disabili va data risposta affermativa.

Nella fattispecie in esame, il minore è portatore di handicap con connotazione di particolare gravità (autismo), con necessità di particolare supporto come risultante dalla indicazione – da parte del GLIS – della necessità dell’insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1 (il massimo delle ore, cioè n. 25 ore settimanali). Ciononostante al momento dell’instaurazione della lite, erano state assegnate loro solo n. 15,30 ore settimanali (secondo quanto è dato desumere dalla certificazione del Dirigente scolastico).

La ragionevole probabilità che il ridotto numero di ore di sostegno abbia interrotto o compromesso il recupero e lo sviluppo del disabile in situazione di gravità, con un arresto nella promozione dei suoi bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale”, in mancanza di diversa prova contraria fornita dall’Amministrazione resistente in merito all’adeguatezza delle ore effettivamente assegnate rispetto ai bisogni educativi, si desume dalle regole di esperienza delle diverse discipline, da quelle mediche a quelle psicologiche, che sono peraltro alla base della stessa misura del “sostegno” che l’ordinamento appronta.

Ciò posto, il danno può essere quantificato equitativamente, tenuto conto del numero di ore non assegnate, in € 500,00 per ogni mese (con riduzione proporzionale per la frazione) di mancanza dell’insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1 dalla notifica del ricorso e sino all’effettiva assegnazione.

L’obbligo di corrispondere alla parte ricorrente tale somma va posto a carico del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, a cui va imputata la responsabilità generale delle scelte gestionali poi effettuate dalle articolazioni periferiche dell’Amministrazione.

6. Si ritiene di porre a carico del resistente Ministero, e a favore del difensore di parte ricorrente distrattario, le spese del presente giudizio, nella misura liquidata in dispositivo, che tiene conto della serialità della controversia; le spese possono, invece, compensarsi nei confronti dell’Istituto scolastico.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione e condanna, altresì, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca al risarcimento del danno, come quantificato in motivazione.

Condanna il Ministero resistente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore della parte ricorrente in complessivi € 500,00 (euro cinquecento/00), oltre oneri accessori come per legge, da distrarsi in favore del procuratore di parte ricorrente che ha reso la dichiarazione di rito.

Compensa le spese nei confronti dell’Istituto scolastico intimato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui agli artt. 52 commi 1, 2 e 5 e 22, comma 8 D.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di presone comunque ivi citate.

Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei giorni 23 marzo 2016 e 12 maggio 2016, con l’intervento dei magistrati:

Caterina Criscenti, Presidente FF, Estensore

Roberto Valenti, Consigliere

Luca Lamberti, Referendario

Il 27/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

* In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.